Il Lino delle Fate … tempo di decantar Bellezza


 

In certi momenti è bene parlar di bellezza e magia.

Sin da piccina, papà mi raccontava di erbe citandole col nome in dialetto abruzzese, raianese (AQ) per la precisione, e dei giochi che ne creava da bimbo. E così mi sono rimaste alcune parole in mente e da qualche tempo, stando in Abruzzo, ho potuto trovare il loro corrispondente in italiano e poi il loro termine scientifico. Tra queste ne cito tre: tattazigne (Paliurus spina-christi, marruca – significa piatti della banda, che i frutti ricordano), appesarache (albero e frutto del Celtis australis, bagolaro o spaccasassi) e cinciapallante (stipa pennata), lino delle fate (cince=cencio e Pallante=ciottolo di fiume).

Quest’ultima magica pianta era una pianta che a Raiano rappresentava sacro e gioco.

Il sacro perché la pianta é legata al santo patrono, San Venanzio. Il 18 maggio, giorno a lui dedicato, i devoti si recano piedi, oggi forse solo in auto, preso l’omonimo Eremo, e, oltre alle pratiche di Lithoterapia per la cura di dolori reumatici, raccolgono mazzolini di Stipa pennata, qui pure detta “grano di San Venanzio”. E proprio intorno al 18 maggio (maggio-giugno) la pianta va in fiore.

Il gioco consisteva nel lanciare verso il cielo un mazzolino di semi (cariossidi) di stipa con la resta piumosa, poi questi calavano come eliche verso terra e restavano diritte una volta giunte al suolo. Questo è proprio pure il metodo di riproduzione della pianta stessa.

In Abruzzo si trova la Stipa dasyvaginata subsp. appenninicola, mentre nel sud, a partire dalla Valle del Trigno, in Molise, cresce la Stipa austroitalica, questa è specie protetta in tutte le regioni nelle quali vegeta (non si può cogliere!).



Lo spettacolo che offre quando si sviluppa è da favola a tutte le ore del giorno e con ogni luce e lo spettacolo dura per tutta l’estate.  Pare proprio che questi paesaggi, all’apparenza aridi, pietrosi e spesso dedicati al pascolo (aree che circondano il corso dei Tratturi), si arricchiscano di un manto argenteo che col vento pare un mare tra i monti, ad ogni soffio forma delle morbide onde sui pendii. Paesaggi fantastici.

Da qui altri nomignoli di questa bella pianta: Capelli delle fate, Capelli di strega, Lino delle fate piumoso, Capelli d'angelo, …

La magia di questa visione ha creato racconti fantastici, infatti si conta che le fate giungessero in questi luoghi per raccogliere queste piante e poi confezionare i propri abiti argentati, così da risplendere ai raggi lunari.

 


 

Una curiosità linguistica: il termine Fata era un altro nome delle tre Parche, filatrici dei destini degli uomini e delle donne.  Non è escluso che il nome di Fata ‘Parche’ e anche di fatu(m) ‘destino’, rappresentato dallo stame* che esse filavano, si siano incrociati con la parola corrispondente al ted. Faden = filo. Nel composto ted. Faden-garn ‘filo (-garn) di lino (Faden-)’ si nota la trasformazione del termine Faden ‘filo’ in ‘lino’, che ci riconduce all’espressione italiana Lino delle fate, pare quasi che lino e fate siano la stessa cosa.

O ancora era credenza che appendere dietro l’uscio di casa, accanto alla serratura, un mazzolino di stipa pennata (in questo caso Capelli di Strega) la malefica strega non sarebbe potuta entrare e se ciò fosse accaduto, prima di esercitare i suoi malefici, sarebbe stata obbligata a contare tutti i fili (resta piumosa) della stoppa (mazzolino di stipa) e nel frattempo sarebbe giunta l’alba e con essa la luce e lei avrebbe dovuto dileguarsi.

Resta una bella pianta, di cui non se ne conoscono altri usi, ma che fa sognare e che adorna con eleganza la casa. Se raccogliete, fatelo sempre con parsimonia.

 

Testo e foto Daniela Di Bartolo, 27.01.2022 

- giá pubblicato il 07.02.2022 sul sito della rivista online Il Coraggio delle Donne, in forma ridotta)


* La parte più fine e resistente del filato di lana, impiegata per tessuti di particolare qualità.

 

Fonti: Vocabolario del dialetto rainese, D.V. Fucinese; Meditazioni linguistiche, P. Maccallini.

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